Seminario Lino Musella
Baccanti di Euripide
Il seminario con Lino Musella è partito da Baccanti di Euripide, ma si è presto allargato, spinto dalla domanda: cosa ci attraversa oggi, di questo testo antico? Quale storia, quale politica, quale religione ci toccano ancora – e come?
Il lavoro è cominciato su immagini nate da contrapposizioni. Un gioco di associazioni libere ha aperto il campo: ogni spunto diventava una proposta scenica, una possibilità di esplorazione. Non si cercava un significato, ma una traiettoria. I materiali sono stati attraversati da soli, in coppia, in gruppo. Senza una struttura fissa, ma con una direzione chiara: produrre immagini, intuizioni, piccoli nuclei vivi da cui partire.
Il coro, nella tragedia, è stato osservato come punto di tensione: è poesia, è ritmo, è voce collettiva. Ma anche ambiguità. Il teatro, nel suo farsi, impone e libera allo stesso tempo. Come Dioniso, il dio che non si lascia fissare: vino, eccesso, smembramento, travestimento. Il doppio, il confuso. Un dio che non si dichiara, ma agisce. E il testo stesso, così sorvegliato, quasi apollineo, lo contiene senza mai nominarlo davvero.



Lavorare sul testo ha significato anche interrogare il sottotesto, molto caro a Lino Musella.
Il corpo come canale di una scrittura non solo verbale. L’improvvisazione come strumento per entrare e uscire dalle parole, per costruire una drammaturgia mobile, in cui l’attore è anche autore. Una scrittura di scena che nasce dal momento, e che non va giudicata. A volte, il poco tempo genera più verità del troppo.
La scena non è stata pensata come qualcosa da realizzare. Ma come un luogo dove suggerire, evocare. Dove l’attore può avere un’immagine chiara anche se non la mostra. Un’immagine da custodire, non necessariamente da spiegare. In questo modo, la scrittura non era solo un mezzo, ma un atto creativo a sé.

Qual è il processo che accade attorno al lavoro?
L’ambiente, le persone, il fuori che entra. Intuizioni irrazionali nate da stimoli esterni, ma radicate nel corpo. Lontani dalla ricerca dell’idea giusta, con Lino si è lavorato su ciò che si muove, che resta vivo: da un testo, in un testo, tra un testo e l’altro, in un gesto, in uno sguardo. Un lavoro che va ben oltre l’aspetto razionale, abbracciando quel sotto-testo inteso come sotto-pelle: un dialogo profondo che talvolta si intuisce inconsciamente, per poi emergere, attraverso dialoghi tra parole apparentemente distanti. È in quella ricerca continua — anche con testi altri — che si trova senso, legame, coerenza, e talvolta complementarietà in ciò che, a prima vista, sembrava distante o diverso.



Il lavoro si è costruito come un corpo smembrato che, pezzo a pezzo, trova la sua forma. Non un inizio ordinato, ma una dispersione che diventa disegno. Frammenti che si uniscono in segmenti, invece che il contrario. Un processo che parte dal caos e arriva a una visione. Non definitiva, ma concreta.
Attivare una creatività irrazionale è stato l’obiettivo sotterraneo. Un lavoro che si fonda sulla fiducia e sull’assenza di giudizio. Alla base, l’associazione libera: che resta un esercizio fondamentale. Da lì si sviluppa il doppio, la coesistenza di almeno due livelli in ogni gesto.
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L’attore è chiamato a stare in questa tensione, tra attenzione (verso l’esterno) e concentrazione (verso l’interno). È in questo equilibrio che qualcosa può succedere davvero.




A cura di Margot Océane